Che giova posseder (Andrea Gabrieli): Difference between revisions

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==Original text and translations==
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Che giova posseder cittadi e regni,
E palagi abitar d’alto lavoro,
E servi intorno aver d’imperio degni,
E l’arche gravi per molto tesoro;
Esser cantate da sublimi ingegni,
Di porpora vestir, mangiar' in oro,
E di bellezza pareggiar il sole,
Giacendo poi nel letto fredde e sole.
 
Ma che non giova aver fedeli amanti,
E con essi partir ogni pensiero,
I desir, le paure, i risi, i pianti,
E l’ira e la speranza, e’l falso e’l vero;
Ed or con opre care or con sembianti
Il grave della vita far leggiero;
E sè di rozze in atto e in pensier vili
Sovra l’uso mondan vaghe e gentili.
 
Quanto esser vi dee caro un uom che brami
Via più la vostra della propia gioia,
Che’altro che’l nome vostro unqua non chiami,
Che sol pensando in voi tempri ogni noia,
Che più che’l mondo in un vi tema ed ami,
Che spesso in voi si viva in sé si moia,
Che le vostre tranquille e pure luci
Del suo corso mortal segua per duci.
 
Però che voi non siete cosa integra,
Nè noi; ma è ciascun del tutto il mezzo,
Amor è quello poi che ne rintegra,
E lega e strigne come chiodo al mezzo,
Onde ogni parte god' e si rallegra,
Chè suoi diletti non han mezzo,
E s’uom durasse molto in tale stato,
Compitamente diverria beato.}}


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  • (Posted 2018-11-22)  CPDL #52239:   
Editor: Allen Garvin (submitted 2018-11-22).   Score information: Letter, 8 pages, 156 kB   Copyright: CC BY NC
Edition notes:

General Information

Title: Che giova posseder
Composer: Andrea Gabrieli
Lyricist: Cardinal Pietro Bembocreate page

Number of voices: 3vv   Voicing: Unknown

Genre: SecularMadrigal

Language: Italian
Instruments: A cappella

First published: 1575

Description:

External websites:

Original text and translations

Italian.png Italian text

Che giova posseder cittadi e regni,
E palagi abitar d’alto lavoro,
E servi intorno aver d’imperio degni,
E l’arche gravi per molto tesoro;
Esser cantate da sublimi ingegni,
Di porpora vestir, mangiar' in oro,
E di bellezza pareggiar il sole,
Giacendo poi nel letto fredde e sole.

Ma che non giova aver fedeli amanti,
E con essi partir ogni pensiero,
I desir, le paure, i risi, i pianti,
E l’ira e la speranza, e’l falso e’l vero;
Ed or con opre care or con sembianti
Il grave della vita far leggiero;
E sè di rozze in atto e in pensier vili
Sovra l’uso mondan vaghe e gentili.

Quanto esser vi dee caro un uom che brami
Via più la vostra della propia gioia,
Che’altro che’l nome vostro unqua non chiami,
Che sol pensando in voi tempri ogni noia,
Che più che’l mondo in un vi tema ed ami,
Che spesso in voi si viva in sé si moia,
Che le vostre tranquille e pure luci
Del suo corso mortal segua per duci.

Però che voi non siete cosa integra,
Nè noi; ma è ciascun del tutto il mezzo,
Amor è quello poi che ne rintegra,
E lega e strigne come chiodo al mezzo,
Onde ogni parte god' e si rallegra,
Chè suoi diletti non han mezzo,
E s’uom durasse molto in tale stato,
Compitamente diverria beato.